Il Tacchino alla Canzanese: storia e tradizione

Una tradizione e una ricetta originale tramandata di generazione in generazione, fin dalla casuale scoperta (a metà del 1800) che il brodo di tacchino, preparato al mattino la sera stessa era diventato gelatina ed esaltava il sapore della carne.
Si utilizza solo la femmina del tacchino, che ha carni più tenere e saporite e un peso lordo di circa 6/7 Kg, peso che si ridurrà di un paio di chili dopo la fase iniziale di disossatura. Infatti, dopo aver pulito bene ed eviscerato l’animale, inizia la delicata fase di separazione delle carni dalle ossa, partendo dalla parte dello sterno.
Anche la legatura della parte più grande (il busto) è un rito di solo apparente semplicità: movimenti precisi ed armonici disegnati con grazia ed eleganza antica.

 

L'antica ricetta

Si prende il tacchino, possibilmente femmina, dopo averlo disossato, le ossa vengono rotte e sistemate nella teglia per dare maggiore densità al brodo di cottura. La carne viene sistemata sopra le ossa, si aggiunge acqua senza coprire del tutto le carni, aglio, alloro, pepe in grani e sale. La cottura avviene in forno a legna o a combustione ad alta temperatura in modo da ottenere un arrosto cotto nel suo brodo.
La carne girata con frequenza, prosegue la sua cottura per sei/sette ore. Terminata la cottura, la quantità di brodo residuo viene separata dalla carne, sgrassata e filtrata. Il brodo così preparato, ancora caldo, viene fatto raffreddare insieme alle carni a temperatura ambiente e poi lasciato in frigorifero dove diventerà gelatina. In origine la preparazione avveniva senza disossare l'animale, con notevoli difficoltà di consumo a fronte di una maggior semplicità e velocità di preparazione.
Il Tacchino alla Canzanese viene tagliato solo qualche attimo prima di essere servito con la sua preziosa gelatina. Il contorno ideale? Carote e zucchine appena sbollentate in acqua e aceto e conservate in olio extravergine d'oliva. In stagione, saporiti e colorati chicchi di melograno.